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Un maestro della vita spirituale: André Louf.

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A distanza da alcuni anni dalla sua  morte, avvenuta il 12 luglio 2010, vorrei ricordare una delle maggiori figure della spiritualità del Novecento: André Louf.  Jacques, questo il suo nome di battesimo, nasce a Lovanio, in Belgio, il 29 dicembre 1929, terzo e ultimo figlio, unico maschio, di una famiglia molto religiosa. Studia al collegio cattolico "Saint Louis" di Bruges e partecipa attivamente alla vita dell’Azione Cattolica Studentesca di quella città. Particolare il suo incontro con la vita consacrata e con il mondo del trappismo che racconta nel suo stupendo libro-intervista ‘Cantare la vita’. Nel maggio del 1945, subito dopo la fine della guerra, sta organizzando un campeggio di coetanei quando scopre, appena al di là della frontiera, il monastero trappista di Notre-Dame di Mont-des-Cats. Entrando illegalmente in Francia, entra nella chiesa del monastero e lì viene colpito dal canto del Salve Regina che i monaci, in coro, stavano intonando. Egli così intuisc

Fede e tecnologia.

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T empo fa ho rilasciato un'intervista sul tema riguardante il rapporto tra fede e tecnologia. In questo post cito un passaggio dell'intervista e metto il link. "Da un lato occorre dire che le nuove tecnologie sono un bene, se usate correttamente. Basta pensare all’enorme possibilità che abbiamo di informarci meglio, cosa del tutto impensabile fino a qualche decennio fa. Dall’altro lato occorre anche affermare che la grande pervasività sta generando degli effetti negativi per ciò che riguarda il rapporto tra uomini in particolare. Questi, infatti, anche a motivo dell’ampio uso dei social ( in primis whatsapp), si stanno raffreddando. Un conto è avere a che fare con una persona “in carne ed ossa”, un conto è rapportarsi con una persona chattando. Un esempio molto banale. A Milano, la città dove vivo, il mattino è facile imbattersi in una scena del genere: un vagone della metro piena di gente, più o meno giovane, curvata sul proprio cellulare. Non si guarda più la ge

Il Triduo pasquale: mysterium salutis.

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Si avvicinano i giorni del Triduo Pasquale, centro di tutto l’anno liturgico, e quello che colpisce è costituito dall’abbondanza della Parola di Dio. A ben vedere, infatti, sono questi i giorni in cui la parte predominante della liturgia è occupata dalla Sacra Scrittura. Perfino la stessa Veglia pasquale, “madre di tutte le veglie”, con le sue sette letture proclama un primato che è incontrovertibile: per fare memoria di un evento, dell’evento della nostra salvezza, non si può fare a meno della Parola. È come se la Chiesa affermasse la sua “incapacità” di gesti all’altezza dell’evento di cui fa memoria e, per questo, si pone in ascolto. A ben vedere la Settimana Santa inizia (la “Passio” proclamata nella Domenica delle Palme) e termina (la “Passio” proclamata il Venerdì Santo) con la Parola e la Veglia pasquale non fa altro che raccontare quella storia della salvezza che ha raggiunto il suo apice nella morte e risurrezione di Gesù. Questa “povertà” è davvero sorprendente e permette

Pentecoste: lo Spirito in festa!

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« Quando verrà lo Spirito, egli darà testimonianza di me e anche voi date testimonianza » ( Gv 15,26-27). Nel nostro cammino lungo tutto il tempo liturgico, a ben vedere, vi è un unico attore, che non cambia mai, benché i tempi (Quaresima, Avvento, Pasqua) cambino. È sempre lo Spirito Santo a lavorare, a operare in noi. Se qualcosa muta, questo è, per così dire, “il fine” per cui lo Spirito ci muove, ci indirizza. Dopo la Pasqua, dopo la gioiosa commemorazione della morte e risurrezione di Gesù, lo Spirito ci offre una testimonianza su Cristo per convincerci che l’opera del Figlio è, in realtà, opera del Padre: Egli lo ha mandato per la nostra salvezza. Nel fare questo lo Spirito ci muove, ci spinge grazie al suo aiuto ad offrire una testimonianza che sia simile all’opera di amore che Gesù ha compiuto per noi. Convincendoci su Gesù grazie anche alla testimonianza degli apostoli ‒ nel periodo di Pasqua ascoltiamo gli Atti degli Apostoli! ‒, lo Spirito ci invita a seguire l

A Diogneto.

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Con un gruppo di bravissimi ragazzi stiamo rieditando alcun classici della letteratura cristiana antica, "sforzo" patrocinato dall'Associazione Asina di Balaam e pubblicato dalla Cittadella Editrice. Il nostro primo tentativo di rendere appetibile, con una "nuova" traduzione, un tesoro della Tradizione si è concentrato sulla Lettera a Diogneto , di cui cito un bellissimo e noto passo: " I cristiani abitano nella propria patria ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e sopportano ogni cosa come stranieri; ogni terra straniera è loro patria e ogni patria è per loro terra straniera. Prendono moglie come tutti e generano figli, ma non rifiutano i neonati. Condividono la tavola, ma non il letto. Sono nella carne ma non vivono secondo la carne. Trascorrono la vita sulla terra, ma hanno la loro cittadinanza in cielo".

A 30 anni dalla sua morte. Ritratto di Balthasar.

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Hans Urs von Balthasar nasce a Lucerna, in Svizzera, nel 1905 in una famiglia profondamente cattolica. Fece i suoi primi studi presso i benedettini e i gesuiti. Egli, in un primo tempo si dedica a studi di letteratura tedesca, conseguendo nel 1928, in seguito a soggiorni di studio a Vienna e Berlino, il dottorato con una dissertazione sull’influsso dell’escatologia nella letteratura tedesca moderna. Un anno dopo il 31 ottobre 1929 entra quale novizio nella compagnia di Gesù a Feldkirch. Successivamente viene trasferito per il proseguimento degli studi filosofici a Pullach e successivamente per il perfezionamento degli studi teologici a Lione-Fourvière. Le figure decisive in questa fase sono Enrich Przywara e Henri de Lubac: essi aiutano il giovane gesuita a sopravvivere a quella che egli chiama ‘il deserto della teologia neo-scolastica’ di quei tempi. Ordinato presbitero a Monaco di Baviera nel 1936, dal 1937 al 1939 è redattore della rivista tedesca della Compagnia di Gesù ‘St

A 50 anni dalla morte. Ritratto teologico di Karl Barth.

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Karl Barth nasce il 10 maggio 1886 in una famiglia borghese di Basilea. Suo padre è professore di teologia, specialista del Nuovo testamento. Studia a Berna, Berlino e Marburgo, subendo l’influsso di Adolf von Harnack e della teologia liberale. Pastore dal 1911 al 1921 a Safenwil, un piccolo paese svizzero, fa parte, in un primo tempo, della corrente del cosiddetto socialismo religioso. Nel 1921 è nominato professore di teologia riformata alla facoltà di Gottinga per il successo che ottenne il suo commento all’epistola ai Romani. Successivamente insegna a Münster e a Bonn fino al 1935, quando è espulso dalla Germania dal regime nazista. Da allora fino al 1964 insegnò a Basilea. Muore il 10 dicembre 1968. Barth è uno dei (pochi) teologi che ha sviluppato un articolato e complesso pensiero in diversi fasi. In una prima fase i suoi maestri sono i teologi liberali Hermann e von Harnack; sue letture preferite le opere di Schleiermacher e di Kant. Nel 1909, iniziando l’attivi