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Visualizzazione dei post da 2021

Etimologia e semantica del gioco

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  Ludus e iocus sono i due termini con cui, in latino, viene nominata l’attività ludica, la cui base etimologica evoca il movimento del guizzare dei pesci [1] . Con essi, in generale, veniva significata ogni rappresentazione gioiosa e divertente, mentre, in particolare, con iocus veniva indicato lo scherzo irriverente e derisorio, tutto ciò che si contrapponeva all’impegno responsabile. Va affermato tuttavia che ludus non indicava qualcosa di alternativo alla serietà al punto tale che con esso si qualificava anche l’insegnamento scolastico, l’esecuzione musicale e la rappresentazione sacra. Il fatto che nella lingua italiana per esprimere l’intera attività ludica, iocus abbia decisamente prevalso – da questo termine deriva in italiano gioco – costituisce un indizio per comprendere quale pre-giudizio si celi dietro a tale lemma. Gioco è sinonimo molto spesso di non-serietà. Sotto questo profilo è interessante notare come, tra le lingue romanze, quella francese, pur ricollegandosi

Il gioco in Nietzsche: critica al pensiero debole.

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  Nel mio libro mi sono occupato di un filosofo che, più di ogni altro, ha fatto scuola , determinando la comprensione del fenomeno ludico nel XX secolo. Come, infatti, è stato fatto notare, le tappe dell’evoluzione del pensiero nietzschiano sono scandite dal ricorso alla metafora del gioco  [1] . In questo modo il fenomeno ludico diventa cifra del nichilismo che caratterizza l’approdo ultimo e definitivo della filosofia di Nietzsche. Il gioco, attraverso le varie trasformazioni che il pensiero nietzschiano subisce, diventa un nulla, non riuscendo più a dire qualcosa su un fenomeno che, in modo accurato, Huizinga dimostra essere pervasivo. In questa sede non ripercorriamo le varie tappe, ma vogliamo mostrare la fragilità del punto di partenza dell’intero pensiero di Nietzsche che è stato assunto e, quindi, divulgato in maniera acritica da tanta letteratura  [2] . Il punto da cui egli muove è un frammento del filosofo Eraclito di Efeso, caro anche ad Heidegger,  che  abitualmente viene

Gioco, dunque sono!

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  Nel video la mia video-intervista per AracneTV.

Ma quanti giochi esistono?

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  Un dato osservabile riguardo al fenomeno ludico è costituito dal fatto che esso prende varie e complesse forme. Dai giochi di destrezza a i giochi di società, dai giochi olimpici ai giochi di carte, il grande numero e l’infinità varietà dei giochi fa disperare di poter trovare un principio di classificazione che consenta di suddividerli per tipologie. Inoltre è da osservare che si può giocare ad uno stesso gioco da soli o in molti, con altri. La classificazione dei giochi di Roger Caillois , ad oggi, appare la più convincente, benché non esaurisca l’intero universo del fenomeno ludico. Egli, nella sua celebre opera I giochi e gli uomini , ponendosi lung o la scia aperta dall’opera sul gioco di Hu i zinga [1] , propone quattro categorie principali a seconda che nei giochi considerati predomini il ruolo della competizione, del caso, del simulacro o della vertigine. Quest e quattro tipologie, pertanto sono: agon , alea , mimicry e ilinx [2] . Questi quattro tipi, inoltre, possono esse

Oasi del gioco.

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 Prima di procedere ad una vera e propria sintesi teologica, ci pare opportuno offrire un’adeguata concezione del fenomeno ludico. Come abbiamo visto nella nostra ricerca, i diversi teologi da noi presi in considerazione (ma non solo loro), hanno offerto un loro intendimento riguardo al gioco. Volendo offrire una sintesi sul tema del gioco, anche noi vogliamo proporre una nostra idea, servendoci della brillante opera, Oasi del gioco , di un filosofo del Novecento, Eugen Fink [1] , in cui risuonano molti elementi sparsi nella nostra ricerca. Ci pare opportuno tuttavia, in questa sede, motivare la preferenza di questo scritto rispetto ad altri, dello stesso autore, che trattano la medesima questione. Poco noto, purtroppo, è il fatto che il filosofo tedesco, assistente di Husserl [2]  prima e collaboratore di Heidegger  poi, abbia dedicato gran parte della sua vita alla riflessione sul gioco [3] , come dimostra la recente raccolta di saggi intitolata Per gioco [4] . In particolare va rile

Teologia del gioco: il mio nuovo libro!

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Perché il fenomeno ludico può essere un vero e proprio “trattato” di teologia? Cosa ha a che fare il gioco con la teologia? Apparentemente sembra esserci una distanza, se non addirittura, date certe idee, un abisso tra gioco e teologia. In realtà indagando il ludus nei suoi diversi aspetti si può agevolmente dimostrare il guadagno per la teologia dell’assunzione della “categoria” del gioco, dopo aver chiarito in cosa consista il fenomeno umano. Inoltre mettendoci sulle spalle di giganti in teologia, come Jürgen Moltmann, Hugo Rahner, Klaus Hemmerle, con loro e mai contro di loro, si può proseguire il discorso teologico. In effetti è possibile sondare l’ambito biblico, recuperare alcuni frammenti di teologia ludica sparsi in due mila anni di pensiero e, infine, mettere in luce quei motivi di estetica ludica che possono essere a fondamento di una strutturata e argomentata proposta teologica. Così facendo viene fuori un’opera dal forte carattere interdisciplinare che dà dignità ad un fen

Rifare i preti? Dialogo con Enrico Brancozzi.

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 É da poco uscito in libreria il testo di Enrico Brancozzi dal titolo Rifare i preti. Il libro è davvero interessante e contiene dal punto di vista teologico-pastorale una proposta che andrebbe presa sul serio. In questa sede vorrei tentare di dialogare sul tema con l’autore . Un primo punto che condivido sta nel fatto che occorre prendere coscienza della fine della cristianità e per questo va ripensata la formazione presbiterale — la formazioni iniziale si intende perché quella permanente, benché in una marea di documenti magisteri ali esista, di fatto in Italia è poco sviluppata. L’idea è giusta e corretta perché la forma della Chiesa influenza necessariamente la formazione presbiterale, sia in modo positivo sia in negativo. Tuttavia non esiste un’esigenza di “fare” i preti perché per 1500 anni circa i seminari non sono esistiti e di preti, bravi e santi ce ne sono stati. L’esigenza semmai è quella di discernere e scegliere all’interno del Popolo di Dio alcuni per il presbiterato