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Visualizzazione dei post da settembre, 2019

Il pianto di Gesù

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“Gesù scoppiò in pianto” (Gv 11,35) Questo versetto tratto dal Vangelo di Giovanni racchiude in sé una straordinaria ricchezza. Essa è il versetto più corto di tutta la Sacra Scrittura e lega il pianto a Gesù, al Figlio di Dio. Questo versetto è situato nell’episodio della morte e risurrezione di Lazzaro, grande amici di Gesù. Dio, facendosi carne, assume ogni aspetto della nostro umanità che comprende i più diversi toni emozionali e di fronte alla morte di un amico, di una persona cara e amata, come è naturale che sia, piange. E’ paradossale, fuori da ogni logica umana, ma Gesù, vero uomo e vero Dio, piange e, allo stesso tempo, piangendo ci insegna qualcosa di sublime sulla nostra umanità! Anche il pianto per un amico entra nel mondo di Dio, ne fa parte a tutti gli effetti e diventa qualcosa si sacro, di divino. Il pianto in Gesù, Verbo fatto carne, diventa un modo, uno strumento, un linguaggio che ogni uomo ha per esprimere qualcosa di Dio. D’altronde non può essere diversam

L'ombra di Pietro

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“… perché quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro” (Atti 5, 15) Queste parole che ci raccontano di Pietro, della sua figura nella primitiva comunità cristiana all’indomani della morte,  risurrezione e ascensione del Signore, ci dicono qualcosa anche sull’uomo, su ogni uomo. Sì perché se è vero, come possiamo leggere nei versetti precedenti, che Pietro è ricercato perché guarisce i malati, è altrettanto vero che l’uomo, ogni uomo è ombra;  un’ombra dalla quale, come Pietro, può uscire luce e vita. L’uomo è un’ombra luminosa, un’ombra che genera gioia, speranza, amore, in una parola felicità. Tanto è il bene che Pietro compie, ci dicono gli Atti, che coloro che stanno male desiderano essere coperti dalla sua ombra per essere guariti. Questa è l’opera di Dio: fare di noi, nonostante le nostre insufficienze, i nostri peccati, delle sue meraviglie, dei suoi capolavori. Le nostre tenebre in Dio possono diventare luce. Noi, grazie all’opera che D io fa c

Per una teologia dell’unità: breve ritratto di Hans Küng

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Fra i teologi più discussi negli ultimi decenni vi è Hans Küng, tuttora vivente. Nato del 1928, egli si forma all’Università Gregoriana e si addottora a Parigi, all’Institut Catholique. La sua dissertazione riguarda uno dei nuclei della controversia confessionale occidentale: la giustificazione. La sua opera è, per quegli anni, davvero originale e trova un forte sostenitore in Balthasar. Küng in La giustificazione  del 1957 mostra come tra la l’interpretazione di Karl Barth a riguardo di questo tema e la dottrina formulata dal Concilio di Trento non ci sarebbe un’opposizione: protestantesimo e cattolicesimo, pur parlando lingue teologiche diverse, nella sostanza non sarebbe incompatibile. Barth stesso, in una lettera autografa, si dichiara interpretato correttamente dal giovane Küng, anche se la sua tesi fa molto discutere. Ottenuta assai precocemente una cattedra presso la Facoltà di teologia di Tubinga, il teologo svizzero pubblica una serie di opere a carattere ecclesiologico. I