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Che cosa è la liturgia?

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Rispondere ad una domanda semplice – in questo caso: che cosa è la liturgia? – appare talvolta difficile e complesso. Tanto più se la risposta ha dato origine ad una serie di opere, tutte lodevoli, che però di fatto, volente o nolente, non ha offerto una soluzione soddisfacente al quesito. E allora? Allora la domanda si ri-propone di nuovo, con più forza: che cosa è la liturgia? A rispondere ci ha pensato questa volta Paolo Tomatis, sacerdote della diocesi di Torino e professore alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, con il volumetto Vita alla sorgente (Città Nuova, €18), centrando – così a noi pare – l’obiettivo. Sì, perché parlare, dire qualcosa sulla liturgia significa prima di tutto porsi nella liturgia, cioè farne esperienza. Per intenderci: è come se qualcuno parlasse dell’amore senza aver mai effettivamente, realmente, veramente amato. Le sue parole, pur ragionevoli, sarebbero palesemente vuote, prive di quell’esperienza necessaria a supportarle. Ecco perché,

In memoria. Ritratto di Carlo Maria Martini

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Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, era nato a Torino il 15 febbraio 1927. In una delle sue ultime opere, Conversazioni notturne a Gerusalemme  diceva: “I miei genitori mi hanno donato la fede in Dio, mia madre mi ha insegnato a pregare”. A soli 17 anni era entrato nella Compagnia di Gesù.  Dotato di una profonda cultura, che in lui non era soltanto erudizione ma una straordinaria capacità di riflettere su tutte le istanze interiori dell’uomo e di suscitare domande e risposte originali, il cardinal Martini è riuscito nel suo ministero a riproporre al mondo d’oggi, per tutti, la tradizio ne ignaziana che ha appreso nei lunghi anni di formazione. Venne ordinato sacerdote il 13 luglio 1952.  Dopo gli studi in filosofia e teologia, nella quale si laureò nel 1958 con una tesi su Il problema storico della Risurrezione negli studi recenti , insegnò per alcuni anni allo studio teologico di Chieri. Perfezionò i suoi studi presso il Pontificio Istituto Biblico. Dello stesso

Don Lorenzo Milani e l'emergenza educativa.

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Figlio di una famiglia dell’alta borghesia intellettuale fiorentina, Lorenzo Milani nacque a Firenze il 27 maggio 1923. Il padre era laureato in chimica, poeta, filologo, conosceva sei lingue. La madre, Alice Weiss, era una donna colta di origine ebrea. Nel 1930 la famiglia, sostanzialmente agnostica, si trasferì a Milano. Nel 1933, per timore delle leggi razziali, i coniugi Milani, che erano sposati solo civilmente, celebrarono il matrimonio in chiesa e battezzarono i loro tre figli. Nel 1934 Lorenzo si iscrisse al Liceo Berchet per poi passare all’istituto Zaccaria, dei barnabiti. Successivamente ritornò al Berchet. Pur cambiando scuola, egli non è mai stato uno studente modello. Dopo il diploma, Lorenzo decise di dedicarsi alla pittura. Era il tempo della Seconda Guerra Mondiale, tempo di fame, e vicino a piazza Pitti si verificò un episodio che lo segnò profondamente: mentre dipingeva, si mise a mangiare un panino; subito una donna lo criticò: “Non si viene a mangiare il pane

Edith Stein: una grande donna!

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Edith Stein nacque a Breslavia nel 1891. Ultima di sette fratelli di un’agiata famiglia ebrea, percorse con successo gli studi, occupandosi di psicologia e di ricerca filosofica nell’università della sua città natale e poi in quelle di Gottinga e di Friburgo, come allieva prima e assistente del fino noto filosofo Edmund Husserl. Quando, nel 1917, si laureò, aveva già al suo attivo una serie di studi importanti che le avrebbero aperto le porte della carriere accademica. Ma successero alcuni fatti che diedero alla sua vita una svolta radicale. Atea perché, come scrisse, “non riusciva a credere all’esistenza di Dio”, Edith fu ‘sconvolta’ dal pensiero di Dio sulla scia di alcuni avvenimenti.  Durante la Prima Guerra Mondiale, moriva un professore che lei stimava molto. Fu un grande dolore, soprattutto per la moglie che, anziché crollare sotto il peso di quel dramma, trovò nel rapporto con Dio la forza di iniziare una nuova vita. Edith ne fu profondamente colpita. “Fu il mio primo incon

Per una nuova intelligenza cristiana dell'eros.

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Tra i libri che ho recentemente letto e apprezzato - indicatomi da un amico - ne segnalo uno di cui ho scritto una recensione che presto sarà pubblicata.  Si tratta dell'opera di  Gilberto Borghi , Dio, che piacere! Per una nuova intelligenza cristiana dell’eros , San Paolo, Cinisello Balsamo 2018, pp. 215, ISBN 978-88-922-1429-3, € 20. È davvero interessante e stimolante l’opera di Gilberto Borghi, pedagogista clinico e insegnante di religione nelle scuole superiori di secondo grado, dal titolo provocatorio Dio, che piacere! Forse, per la prima volta, in Italia ‒ in Francia sono note le opere di Xavier Lacroix e Jain Bastaire ‒ qualcuno tenta di ricomporre il dissidio, tuttora vigente, tra piacere sessuale (erotismo) e fede. L’interesse e lo stimolo che proviene dalla lettura di questo libro sta nel fatto che l’Autore, in ogni capitolo, muove dal racconto di coloro che per primi sono sensibili a tale dissidio: gli adolescenti, che si avvalgono dell’ora di religione. Infatti

Madeleine Delbrêl e il marxismo.

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Forse un aspetto poco noto della testimonianza di Madeleine Delbrêl è il fatto che abbia scelto un lavoro che le consentisse di mantenersi a stretto contatto con i poveri, diventando assistente sociale. Nel 1933, pur restando laica, si consacrò e andò a vivere con un piccolo gruppo di amiche a Ivry-sur-Seine, ‘capitale marxista’, cittadina di operai alla periferia sud di Parigi, dove sugli edifici pubblici non c’era il tricolore, ma la bandiera rossa. Lì si confrontò con un marxismo trionfante, diffuso e capillare. Scelse di vestire abiti comuni, senza assumere una ‘divisa’; decidendo di lasciare la casa offerta dalla parrocchia per affittare un appartamento nel cuore del quartiere operaio, al n. 11 di Rue Raspail. A contatto con gli operai scoprì che i cristiani sono rassegnati all’ingiustizia e che molti dei proprietari delle 310 fabbriche della città sono cattolici che versavano somme ingenti per la costruzione di due nuove chiese, ma ignoravano completamente la miseria dei 43.

Madeleine Delbrêl e la missione della chiesa.

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Madeleine nasce nel 1904 a Mussidan, nella Francia centro–occidentale, in una famiglia borghese e poco praticante. È figlia unica. Suo padre, impiegato nelle ferrovie, si trasferisce spesso da una città all’altra; perciò Madeleine non può seguire un corso di studi regolarmente. Dopo la fanciullezza, abbandona la pratica religiosa tanto che nel 1919 dichiara di essere completamente atea. A 17 anni scrive: ‘Dio è morto… Viva la morte’. Si prefigge l’obiettivo di ‘smascherare l’assurdo’ della fede consolatrice. Nessuna sapienza umana è in grado di soddisfare i suoi tragici e forti ‘perché’: perché il dolore, la malattia, la guerra, la vecchiaia, la morte? In lei convivono, contemporaneamente, lucida disperazione e amore alla vita. A 18 anni s’innamora di Jean Maydieu, un giovane serio, pieno di interessi, intellettualmente e politicamente impegnato, dotato di una profonda vita spirituale che, d’improvviso, decide di farsi frate domenicano. Inizia per lei un periodo fortemente travagl