Post

Teologia del gioco: il mio nuovo libro!

Immagine
Perché il fenomeno ludico può essere un vero e proprio “trattato” di teologia? Cosa ha a che fare il gioco con la teologia? Apparentemente sembra esserci una distanza, se non addirittura, date certe idee, un abisso tra gioco e teologia. In realtà indagando il ludus nei suoi diversi aspetti si può agevolmente dimostrare il guadagno per la teologia dell’assunzione della “categoria” del gioco, dopo aver chiarito in cosa consista il fenomeno umano. Inoltre mettendoci sulle spalle di giganti in teologia, come Jürgen Moltmann, Hugo Rahner, Klaus Hemmerle, con loro e mai contro di loro, si può proseguire il discorso teologico. In effetti è possibile sondare l’ambito biblico, recuperare alcuni frammenti di teologia ludica sparsi in due mila anni di pensiero e, infine, mettere in luce quei motivi di estetica ludica che possono essere a fondamento di una strutturata e argomentata proposta teologica. Così facendo viene fuori un’opera dal forte carattere interdisciplinare che dà dignità ad un fen

Sinodo '23-'24: primo (parziale) bilancio.

Immagine
  A fine ottobre si è conclusa la prima tappa del Sinodo sulla sinodalità voluto da Papa Francesco. Per ragioni legate all’attualità, ormai non se ne parla più, ma, a ben vedere, mancano pochi mesi all’altra decisiva tappa prevista per il prossimo ottobre. Nei mesi scorsi alcuni autorevoli partecipanti hanno preso la parola e detto la loro. Pensiamo a quanto hanno scritto Piero Coda e Severino Dianich su SettimanaNews, seppure con accenti diversi: il primo entusiasta, il secondo tiepido. Ma oggi, che siamo quasi a metà strada tra le due tappe, cosa resta? In primo luogo ci sono le persone che vi hanno preso parte che, giustamente, nel silenzio stanno custodendo l’ascolto che in quella sede hanno sperimentato. Lo stesso cardinal Grech ha ammesso, a conclusione del Sinodo, che moli partecipanti sono entrati in assemblea scettici e ne sono usciti spiazzati. Non solo perché prima il processo sinodale non era, di fatto, avviato e, quindi, hanno sperimentato cosa significa “fare” un Sinodo

"Le emozioni di Dio". Un invito alla lettura.

Immagine
   È da poco uscita in libreria l’ultima fatica editoriale di Emanuel Durand, frate domenicano e professore alla Facoltà di teologia di Freibourg in Svizzera, tradotta in italiano dalla Queriniana. Il tema è alquanto interessante - in che senso possiamo attribuire a Dio delle emozioni? - e problematico allo stesso tempo soprattutto perché ormai tutto nella nostra epoca è divenuto emozionante. Tutto emoziona senza lasciare però una traccia. Infatti come dice bene il sottotiolo “tracce di un profondo coinvolgimento” nel caso di Dio si tratta di qualcosa di molto diverso dalla semplice ed effimera emozione che nasce e finisce in un batter di ciglia. Quello attestato dalle Scritture, come dimostra in queste pagine Durand, è un Dio che si emoziona perché desidera la salvezza dell’uomo, ha a cuore le sorti della sua creatura che è sua immagine e sua somiglianza. Districandosi abilmente tra filosofia – in particolare quella tomista - e teologia, l’autore riesce a restituire un tratto che la t

Sul Sinodo. Metacritica di un processo (2).

Immagine
        4)      Ed ora? Ora la patata – bollente o meno non è possibile dirlo – è nella mani dei padri (e madri) sinodali del prossimo Sinodo di ottobre 2023 e 2024. C’è da sperare che davvero finalmente si imbocchi la strada giusta e lasciandosi guidare dall’ascolto nello Spirito con tutta franchezza si arrivi ad immaginare una Chiesa più partecipativa, più in comunione, più in missione. Il “più” non vuol dire una quantità maggiore, ma semmai una qualità diversa. I padri (e madri) sinodali sono chiamati a svolgere un esercizio di immaginazione, non pesando, come è stato fatto fino ad ora, dentro gli schemi, ma fuori dagli schemi. L’ Instrumentum Laboris lo lascia intendere con le sue schede e le sue domande. Immaginare una Chiesa rinnovata non è cosa semplice e non è cosa da poco, però, se è vero che la Chiesa o è sinodale o non è, il compito è urgente, impellente, non si deve perdere altro tempo. Ho personalmente letto con simpatia la lettera pastorale dell’arcivescovo di Torino, Ro

Sul Sinodo. Metacritica di un processo (1).

Immagine
  Negli scorsi mesi ho letto con molto interesse articoli sul sinodo e anche alcun i documenti che sono stati elaborati alla fine dei sinodi diocesani e nazionali. In questa riflessione vorrei tentare di spendere qualche parola andando al di là di tanta retorica che purtroppo si fa sull’argomento, cercando di far emergere un punto di vista oggettivo, neutro .       1)      Sinodo è una parola abusata Tutti parla no di sinodo o di sinodalità senza tuttavia intendere cosa esso/essa sia. Il termine indica un cammino e quando si cammina si ascolta chi ti è accanto , si cammina insieme . Il camminare, poi, implica che si parta da un punto (il punto di partenza) e si arrivi ad un altro punto (punto di arrivo). Per arrivare da qualche parte occorre, come è naturale che sia, fare un percorso che talvolta può essere lineare, talvolta impervio, faticoso , ma comunque di un percorso di tratta . Sinodo/sinodalità indica tutto questo: implica una chiesa – tutta e non solo una sua parte ! – i

"In pace mi corico": sonno e fede. Un invito alla lettura.

Immagine
   Una delle ultime fatiche editoriali del neo-segretario del Dicastero per la cultura e l’educazione, il lodigiano presbitero don Giovanni Cesare Pagazzi, ha un chiaro riferimento biblico e nella fattispecie ad un salmo in cui si parla di sonno. Sembrerebbe strano che la teologia si possa occupare di un fenomeno così “basso”, eppure a ben vedere noi passiamo almeno un terza delle nostre giornate “nelle braccia di Morfeo”, per non parlare dei bambini che, come si dice popolarmente, “mangiano e dormono”. Insomma sonno, notte e sogno appartengono l’uomo connotandolo profondamente. Quindi occuparsi del sonno da un punto di vista teologico è una mossa giusta, corretta tanto più che è lo stesso Creatore ad averci fatto così, anzi se stiamo al testo biblico è Dio stesso, che dopo aver creato, si riposa (lo shabat ). Il sonno, come Pagazzi mostra, è una categoria con cui rileggere l’intero evento della Rivelazione e in particolare l’evento cristologico; esso non genera mostri, ma apre orizzon

I personaggi del racconto della Passione (4). Il potere di fronte a Gesù.

Immagine
  L’ultimo personaggio che vogliamo prendere in considerazione del racconto della Passione è il potere, nella figura dei capi religiosi e nella figura di Ponzio Pilato. Benché diverso, il potere religioso e quello politico, qui sono accumunati da un obiettivo: far fuori Gesù. Certo Pilato si lava le mani, ma di fatto non fa altro che assecondare il Sinedrio che, per invidia – come dice il testo evangelico – gli consegna il Maestro. Entrambi si dimostrano ottusi, chiusi, ostinati. Una sentenza su di Gesù è stata emessa – deve morire – e va eseguita, il prima possibile peraltro perché si avvicina la Parasceve. Quella di Gesù è una condanna sommaria come tante nella storia. Il Nazareno non ha avuto un equo processo: lo hanno accusato, nessuno lo ha difeso, è morto. La verità giudiziaria non è stata prodotta perché in realtà tutto era stato stabilito. L’unica fatica è stata quella di reperire testimonianze contro Gesù, peraltro discordanti. Nel suo caso davvero “the show must go on”. D’alt

I personaggi del racconto della Passione (3). Gli apostoli.

Immagine
  Un altro personaggio al centro dei testi evangelici della Passione è il gruppo degli apostoli. La morte di Gesù costituisce per questo gruppo uno spartiacque. Infatti prima sono in dodici, dopo saranno in undici. Inoltre per loro è il momento decisivo per capire la persona di Gesù, il loro Maestro che hanno seguito, lasciando le loro case in Galilea e la loro professione, insomma lasciando un posto certo, sicuro. Gli apostoli, certo, agiscono come un gruppo, ma anche come singoli: tra di essi spiccano Giuda Iscariota e Pietro, entrambi traditori, benché per differenti motivi. Quando Gesù fa il suo ingresso a Gerusalemme è facile immaginare il loro entusiasmo, la loro gioia, la loro felicità: si sentono gasati perché quel Nazareno, che hanno seguito, è osannato e loro sono i più stretti collaboratori. È ipotizzabile che in quel momento abbiano pensato: “Finalmente ora andremo al potere”. Già si vedevano con un incarico importante. Ma Gesù li stupisce, li sbalordisce: a cena, nell’ulti