Oltre la crisi. Per un'estetica politica.

(tratto dal mio libro Introduzione alla vita cristiana di un politico)

Sguardo sul presente: l’attuale crisi e l’urgenza di una nuova politica

La crisi che investe il nostro tempo è una crisi finanziaria ed economica. Tuttavia va sottolineato che essa è anzitutto una crisi antropologica e, dunque, politica. Se il profitto, la ricchezza diventano gli altari sopra i quali tutto e tutti, perfino la gestione della res publica, devono essere sacrificati, allora la politica ha perso la sua caratteristica principale e, cioè, di essere in primis un’arte. In questo nostro breve saggio tenteremo di descrivere un fenomeno nuovo che può sorgere dalla attuali ceneri. Scriveva Johannes Althusius quattro secoli fa nella sua capitale opera Politica methodice digesta: «politica est homines ad vitam socialem inter se constituendam, colendam et conservandam consociandi». La politica, pertanto, si connota non per essere una scienza o una tecnica ma – lo ripetiamo – un’arte! Essa ha a che fare con la bellezza, con il pulchrum; è, per sua essenza, estetica. Il tempo che stiamo vivendo ci impone una rivoluzione anche e soprattutto nel sapere governare. La storia ci dirà se il periodo che è alle nostre spalle è stato segnato da una brutta o bella politica. Esso, comunque, è stato il grembo nel quale è nato e cresciuto un serpente. A noi spetta tracciare, evidenziare, mettere in luce ciò che di buono e di positivo può emergere dalla desolazione nella quale siamo immersi. Occorre vivere questo tempo non come chi si trova in una stanza buia e va disperatamente in cerca di un’ interruttore, ma come chi faticosamente scala una montagna. Un conto è accendere la luce e rimanere comunque nel luogo dove è andata via la corrente, un altro è arrivare in cima ad un monte e godere di uno splendido panorama. Il nostro tempo è un’ opportunità che potrebbe mai più ripresentarsi e, dunque, come tale va vissuto.

Il ritorno alle ideologie

Una cosa sembra, oggi, essere chiara: tanto la competenza quanto l’incompetenza in politica producono effetti negativi. La competenza perché non sa fare i conti con gli imprevisti che possono esserci sempre e spingono a cambiare i piani pre-visti. L’incompetenza perché distrugge ciò che altri hanno faticosamente costruito. Tanto l’una quanto l’altra, inoltre, non hanno rispetto delle persone alle quali dicono, con terribile presunzione, di fare il bene di una nazione. Per superare l’empasse tra competenza e incompetenza occorre che le ideologie recuperino in politica il loro posto, il loro ruolo. L’ideologia, nel senso letterale del termine, è studio dell’idea1. In altri termini, in politica occorre starci con idee forti e chiare, con idee capaci di mettere in comunicazione individui di differenti età, estrazione sociale, culturale e di diversa origine nazionale. Molto è stato scritto sulla fine delle ideologie nel XX secolo. La crisi che stiamo vivendo è segno che sono venute meno le idee. Si sono persi il gusto e la fatica di pensare. Degli idoli, come la ricchezza e il profitto, hanno preso il posto occupato un tempo da ideologie capaci di muovere le masse. Il ritorno alle ideologie, di cui abbiamo bisogno, significa primato del senso dell’essere uomo su ciò che l’uomo produce e, quindi, recupero della dignità umana. Ecco perché la crisi è antropologica, cioè riguarda l’uomo nella sua interezza, e ha i suoi risvolti nella politica.

Una nuova idea in politica: il pulchrum

Una nuova idea deve essere posta a fondamento della politica: la bellezza. Parafrasando una nota affermazione di Dostoieskij possiamo dire che sola la bellezza salverà la politica, questa politica. Solo così potrà essere recuperato il senso autentico di questa nobile attività umana, ovvero il fatto di essere un’arte, come Althusius insegnava molto tempo fa. Ora tenteremo di descrivere il fenomeno di una politica estetica che implica tre aspetti.

1. La bellezza attrae, seduce, affascina. Essa è, dunque, capace da sola di aggregare, di istituire legami perché il fascino che esercita su di me, lo esercita anche sugli altri. La bellezza è fonte e causa di comunione: essa può generare una comunità. Ciò che è bello permette di superare le barriere, le divisioni convincendo e stupendo. Di fronte ad una quadro o ad una statua bella l’unico atteggiamento possibile è l’ammirazione. La bellezza, come affermava Agostino, perché è datrice di senso, offre una ragione che per alcuni può e deve essere una ragione di vita. Essa chiede di non essere deturpata e, quindi, di essere custodita ed amata. L’uomo tenta, attraverso i musei, di conservare il bello che nel mondo in cui vive c’è.

2. Il pulchrum, in secondo luogo, è legato al bonum e al verum. La bellezza istruisce su ciò che è buono e, per questo, può generare virtù. Pensiamo, per esempio, al ciclo giottesco della basilica di S. Francesco ad Assisi. La gente, guardando, quegli affreschi comprendeva la figura del Santo e veniva sollecitata ad imitarlo. Sotto questo profilo, la bellezza educa a ciò che è esemplare per una comunità. Ma essa è anche vera perché ha a che fare con il reale, con il contingente, con ciò che qui ed ora è possibile, con la concretezza del vivere. Come dubitare della bellezza del Giudizio universale di Michelangelo una volta che ci si trova dinnanzi?

3. Un terzo aspetto riguarda il fatto che la bellezza è un linguaggio che tutti comprendono, è universale, è di ogni latitudine e longitudine e, dunque, include e non esclude. Essa, da sola, in sé ha la forza di integrare perché avvicina culture che possono essere distanti. La bellezza genera pace, armonia, concordia; essa affratella e, commuovendo, porta a ricercare la sensazione di dolcezza che lascia una volta che ha conquistato il cuore dell’uomo.

Tre verbi e tre atteggiamenti … per ricominciare

La crisi che stiamo vivendo impone la ricerca di una nuova rotta ed esige che si collabori alla generazione di nuovi fenomeni, uno dei quali, quello relativo alla politica, lo abbiamo poc’anzi descritto. Volutamente abbiamo abbandonato le/la de-finizioni/e perché la politica più che essere una tecnica o una scienza è un ‘arte. L’arte per sua stessa natura ha una connotazione descrittiva, descrive, cioè, il bello che ha visto nell’oggetto che lo sguardo umano ha davanti a sé. Una domanda oggi viene proposta e si impone con un urgenza: che cosa dobbiamo fare? Per ricominciare occorre imparare da un’artista che progetta, costruisce e corregge. Immaginiamo per un momento di essere davanti ad un foglio bianco e di avere tra le mani una matita e di dover disegnare. Per prima cosa penseremo a cosa disegnare mettendoci in un atteggiamento di ascolto. In ascolto di ciò che la mente ed il cuore mi suggeriscono. Perché un capolavoro venga fuori occorre metterci il cuore e non soltanto la mente. In ascolto anche di tutto ciò che i grandi maestri del passato ci hanno tramandato. E poi? In secondo luogo si costruisce, si passa all’atto pratico, fidandosi dell’intuizione emersa. Infine occorre correggere ciò è disarmonico rispetto all’insieme disegnato. La correzione deve essere fatta con umiltà riconoscendo di aver sbagliato e avendo il coraggio di dirsi e di dire che quello che è venuto fuori è un pastrocchio e, quindi, con pazienza si può e si deve ripartire proprio come oggi la politica deve fare. Tre verbi: progettare, costruire, correggere. Tre atteggiamenti: ascolto, fiducia, umiltà. Tutto questo perché la politica sia estetica nella sua connotazione fondamentale.

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