La potenza di Dio.
È
un’opera davvero interessante quella di Giovanni Cesare Pagazzi, sacerdote
della Diocesi di Lodi e docente presso la Facoltà Teologica dell’Italia
Settentrionale, a cominciare dal titolo che evoca risonanze liturgiche. Il
libro, edito dalla San Paolo, cerca di riavvicinare in modo acuto e
intelligente la teologia ad un tema, quello del potere/della potenza, che a
partire dalla terribile tragedia dell’Olocausto non è stato più tanto
frequentato. Anzi su una questione di una straordinaria portata è calato il
silenzio anche perché per i teologi è tuttora difficile ad una domande del
genere: se Dio è Onni-potente perché
ha permesso Auschwitz e/o perché permette il male nel mondo? Prima di
rispondere ad un quesito così complesso, tuttavia, andrebbe discussa la nozione
di potere/potenza che c’è dietro. La questione sta qui: «ben lontana
dall’essere alternativa alla misericordia o all’amore, la potenza di Dio è
presentata dalla Sacre Scritture come radice di bontà, compassione carità. La
misericordia è la corona e lo splendore della possanza del Signore» (p. 15).
Infatti per Sap 11,23 Dio ha
compassione di tutti perché tutto può, cioè Dio non è compassionevole e
misericordioso anche se onnipotente,
ma proprio perché è onnipotente. La
differenza non è di poco conto, anche perché, stando alla vicenda di Israele –
se Dio non fosse stato potente, come avrebbe potuto liberarlo? –, non si tratta
di un’onnipotenza indiscriminata, che può tutto e il suo contrario, quindi
fatalmente dispotica. Essa non è incompatibile con l’annientamento di tutto ciò
che Dio ha posto in essere e, per questo, è onnipotente e non strapotente.
Questo implica che, se vogliamo onorare l’atto creatore di Dio, dobbiamo essere
anche onesti nell’affermare che egli è affettuosamente vincolato a quanto posto
in essere e, perciò, la sua è una potenza che genera legami dei quali accetta
le conseguenze. Pertanto porre in alternativa la bontà di Dio e la sua potenza
– data la tragedia di milioni di ebrei sterminati nei campi di concentramento,
o Dio è onnipotente ma non è buono o Dio è buono ma non è onnipotente –, come
alcuni nel Secondo Novecento hanno fatto (Hans Jonas e Hemann Häring),
significa falsificare la domanda e, quindi, scrivere già una risposta
preconfezionata, elaborata a tavolino
Commenti
Posta un commento