Sulla grazia.

Giovanni Cesare Pagazzi, Questo è il mio corpo. La grazia del Signore Gesù, EDB, Bologna 2016, pp. 135, € 13.
Con uno stile fruibile, che rifugge dai tecnicismi perlopiù relegati nelle abbondanti note, Pagazzi tenta di articolare quel difficile rapporto tra grazia e libertà che per la teologia attuale rimane ancora non del tutto chiaro. Seguendo una corrente possibile della teologia biblica della grazia, Pagazzi scorge nel potere di muoversi e nel senso pratico i primi doni dati da Dio all’uomo. In questo modo la grazia, in quanto dono di un potere che appartiene all’uomo, implica il suo effettivo e incarnato esercizio, non rimanendo qualcosa di “soprannaturale” e, dunque, di astratto. La grazia – ecco la felice e feconda intuizione di questo saggio – è qualcosa di vivibile e di visibile. Essa si trasforma, nel costante e graduale esercizio di tale dono, in un savoir-faire, in portamento e comportamento garbato, ag-graziato. Non è 148 Segnalibro infatti un caso che, in ebraico, l’insipiente sia il maldestro, il goffo, mentre il sapiente sia colui che sa muoversi. Paradigmatica, sotto questo profilo, appare la vicenda di Giuseppe che, venduto dai suoi fratelli, troverà grazia presso gli egiziani a motivo del suo riconosciuto savoir-faire (pp. 27-29). Il secondo capitolo, con uno sguardo fenomenologico che non disdegna di offrire diversi spunti desunti dalla letteratura, permette di cogliere, ancor più e meglio, come la grazia – se non si trasforma in un’abitudine, cioè in uno stile comportamentale reiterato e costante – in fondo non sia grazia; il terzo e ultimo capitolo, soffermandosi sulla singolare vicenda di Gesù Cristo, permette quindi di cogliere come, a partire dalle pericopi evangeliche dei miracoli, sia data all’uomo la capacità di ri-abilitazione, la capacità di ritornare a camminare, persa a causa del peccato. Il saggio, impreziosito dalla prefazione del cardinal Gianfranco Ravasi, attraverso un approccio “sistematico” alle Sacre Scritture accostate nella loro forma canonica, ha non solo l’indiscusso pregio di restituire nella sua luminosa freschezza il pensiero di Tommaso d’Aquino, spesso citato ma poco conosciuto, ma anche di indicare una preziosa via all’attuale teologia per sciogliere il districato nodo del rapporto tra grazia e libertà. Si pone dunque quale valido apripista per riflessioni ulteriori.
(Recensione pubblicata su "Munera. Rivista europea di cultura", 1/2017, Cittadella Editrice, Assisi 2017, pp. 147-148).

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