La povertà secondo David Maria Turoldo.

D.M. Turoldo, Profezia della povertà, Servitium, Milano 2012, pp. 110, € 11.
È un grande merito di Espedito D’Agostini aver raccolto diversi frammenti in prosa di padre David Maria Turoldo sulla povertà. Leggendo l’opera sembra di entrare, a poco a poco, all’interno di un inno composto da un meraviglioso e stupendo mosaico di testi, le cui differenze non intaccano la piacevolezza del discorso. Turoldo introduce il lettore nel grande mistero di una povertà che è portatrice di vita. Il suo è uno sguardo penetrante e incisivo sulla condizione permanente e costitutiva di ogni essere umano: nessuno è sufficiente a se stesso e ciascuno ha bisogno degli altri. Ecco perché la povertà appare – ed è – una grazia: la disgrazia sta nel negarla invece che nell’assumerla. D’altra parte, Cristo stesso, divenendo carne, ha assunto questo “stato di grazia”. Quest’inno è anche una critica verso una società basata sul consumismo. La povertà richiama l’esigenza di un cuore libero da ogni tipo di possesso e diventa una via per la felicità: «Secondo il Cristo, non ci sarebbe altra via, altra condizione per realizzare una società che sia umana che quella di essere poveri o diventare poveri. E tutto ciò è secondo ragione. Poiché, se è secondo ragione lavorare e impegnarci per una società felice; e se per arrivare a tanto, per realizzare una simile società, primissima e unica condizione è quella di essere poveri […]; e se ancora il regno non è solo la realtà finale del mondo, la conclusione escatologica, un’eredità dell’altra vita ma, e nel contempo, realtà sempre veniente, allora tutto questo vorrebbe dire che ragionevole è appunto essere poveri, irragionevole è invece diventare ricchi» (p. 38). La povertà, stando al Vangelo, è poi fondamento della chiesa perché «se la chiesa è la continuazione dell’incarnazione di Cristo, anzi il Cristo stesso che diventa, che si realizza, essa è il coagulamento di tutta la miseria umana. Tanto che la “compagnia di Gesù” è tutta una compagnia di pubblicani, di peccatori, di prostitute, di lebbrosi, di sciancati, di poveri lazzari che stanno alle porte della chiesa: ed egli mangia e beve con pubblicani e peccatori, scandalizzando tutto il resto dell’umanità. Così è la chiesa» (p. 65). Nell’appendice di questo bellissimo libro, David Maria Turoldo abbandona infine la prosa per la poesia e la sua voce profetica si trasfigura in preghiera.
(Recensione pubblicata su "Munera. Rivista europea di cultura", 3/2013, Cittadella Editrice, Assisi 2013, pp. 122-123).

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