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Ma quanti giochi esistono?

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  Un dato osservabile riguardo al fenomeno ludico è costituito dal fatto che esso prende varie e complesse forme. Dai giochi di destrezza a i giochi di società, dai giochi olimpici ai giochi di carte, il grande numero e l’infinità varietà dei giochi fa disperare di poter trovare un principio di classificazione che consenta di suddividerli per tipologie. Inoltre è da osservare che si può giocare ad uno stesso gioco da soli o in molti, con altri. La classificazione dei giochi di Roger Caillois , ad oggi, appare la più convincente, benché non esaurisca l’intero universo del fenomeno ludico. Egli, nella sua celebre opera I giochi e gli uomini , ponendosi lung o la scia aperta dall’opera sul gioco di Hu i zinga [1] , propone quattro categorie principali a seconda che nei giochi considerati predomini il ruolo della competizione, del caso, del simulacro o della vertigine. Quest e quattro tipologie, pertanto sono: agon , alea , mimicry e ilinx [2] . Questi quattro tipi, inoltre, possono esse

Oasi del gioco.

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 Prima di procedere ad una vera e propria sintesi teologica, ci pare opportuno offrire un’adeguata concezione del fenomeno ludico. Come abbiamo visto nella nostra ricerca, i diversi teologi da noi presi in considerazione (ma non solo loro), hanno offerto un loro intendimento riguardo al gioco. Volendo offrire una sintesi sul tema del gioco, anche noi vogliamo proporre una nostra idea, servendoci della brillante opera, Oasi del gioco , di un filosofo del Novecento, Eugen Fink [1] , in cui risuonano molti elementi sparsi nella nostra ricerca. Ci pare opportuno tuttavia, in questa sede, motivare la preferenza di questo scritto rispetto ad altri, dello stesso autore, che trattano la medesima questione. Poco noto, purtroppo, è il fatto che il filosofo tedesco, assistente di Husserl [2]  prima e collaboratore di Heidegger  poi, abbia dedicato gran parte della sua vita alla riflessione sul gioco [3] , come dimostra la recente raccolta di saggi intitolata Per gioco [4] . In particolare va rile

Teologia del gioco: il mio nuovo libro!

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Perché il fenomeno ludico può essere un vero e proprio “trattato” di teologia? Cosa ha a che fare il gioco con la teologia? Apparentemente sembra esserci una distanza, se non addirittura, date certe idee, un abisso tra gioco e teologia. In realtà indagando il ludus nei suoi diversi aspetti si può agevolmente dimostrare il guadagno per la teologia dell’assunzione della “categoria” del gioco, dopo aver chiarito in cosa consista il fenomeno umano. Inoltre mettendoci sulle spalle di giganti in teologia, come Jürgen Moltmann, Hugo Rahner, Klaus Hemmerle, con loro e mai contro di loro, si può proseguire il discorso teologico. In effetti è possibile sondare l’ambito biblico, recuperare alcuni frammenti di teologia ludica sparsi in due mila anni di pensiero e, infine, mettere in luce quei motivi di estetica ludica che possono essere a fondamento di una strutturata e argomentata proposta teologica. Così facendo viene fuori un’opera dal forte carattere interdisciplinare che dà dignità ad un fen

Rifare i preti? Dialogo con Enrico Brancozzi.

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 É da poco uscito in libreria il testo di Enrico Brancozzi dal titolo Rifare i preti. Il libro è davvero interessante e contiene dal punto di vista teologico-pastorale una proposta che andrebbe presa sul serio. In questa sede vorrei tentare di dialogare sul tema con l’autore . Un primo punto che condivido sta nel fatto che occorre prendere coscienza della fine della cristianità e per questo va ripensata la formazione presbiterale — la formazioni iniziale si intende perché quella permanente, benché in una marea di documenti magisteri ali esista, di fatto in Italia è poco sviluppata. L’idea è giusta e corretta perché la forma della Chiesa influenza necessariamente la formazione presbiterale, sia in modo positivo sia in negativo. Tuttavia non esiste un’esigenza di “fare” i preti perché per 1500 anni circa i seminari non sono esistiti e di preti, bravi e santi ce ne sono stati. L’esigenza semmai è quella di discernere e scegliere all’interno del Popolo di Dio alcuni per il presbiterato

Deontologia del fondamento.

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È davvero un bel libro quello uscito presso Giappichelli Editore che riproduce una serie di conferenze tenute da un noto teologo italiano Pierangelo Sequeri, già Preside della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e attualmente Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II. Il titolo fa comprendere molto bene quale tema viene sviluppato in queste poche e fruibili pagine: tentare di elaborare un contrappunto all’ontologia del fondamento. Purtroppo per secoli la filosofia ha pensato una metafisica sganciata dal problema della more e la teologia ha subito il fascino di questa “perversione”. Se è stato coltivato il problema della morale in ambito metafisico, lo si è fatto per pensare la questione del male, oggi dopo l’Olocausto neanche più dibattuta. Per poter praticare una deontologia del fondamento occorre recuperare l’ordine degli affetti, l ’ ordo amoris , ovvero, per utilizzare un linguaggio caro a Sequeri, chiedersi e, dunque, pensare come deve essere l’ente/l’essere per e

Fratello Dio.

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  È da qualche mese uscito un bel libro che celebra uno dei più noti teologi italiani, Pierangelo Sequeri, attualmente per volontà di papa Francesco Preside del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II, per tanti anni professore alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale di cui è stato anche Preside. In questo volume, che riprende nel titolo una delle canzoni del teologo milanese   – come è noto egli è stato ed è un compositore –, discepoli, colleghi e amici riprendono un aspetto della sua abbondante produzione teologica e sviluppano, delineando in sintesi l’originalità di una teologia made in Italy , meglio made in Milan . Il risultato è una serie di saggi che talvolta servono ad introdurre al pensiero di Sequeri talvolta entra no in dialogo con esso e cercano di portare avanti il discorso. Sei sono le parti e quindi i focus che i curatori dell’opera, Dario Cornati ed Ezio Prato, aprono (coscienze credente e fenomenologia di Gesù, l’altro moderno, simbolico/artistico/musicale, dik

Oltre la crisi. Per un'estetica politica.

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(tratto dal mio libro Introduzione alla vita cristiana di un politico ) Sguardo sul presente: l’attuale crisi e l’urgenza di una nuova politica La crisi che investe il nostro tempo è una crisi finanziaria ed economica. Tuttavia va sottolineato che essa è anzitutto una crisi antropologica e, dunque, politica. Se il profitto, la ricchezza diventano gli altari sopra i quali tutto e tutti, perfino la gestione della res publica , devono essere sacrificati, allora la politica ha perso la sua caratteristica principale e, cioè, di essere in primis un’arte. In questo nostro breve saggio tenteremo di descrivere un fenomeno nuovo che può sorgere dalla attuali ceneri. Scriveva Johannes Althusius quattro secoli fa nella sua capitale opera Politica methodice digesta : « politica est homines ad vitam socialem inter se constituendam, colendam et conservandam consociandi ». La politica, pertanto, si connota non per essere una scienza o una tecnica ma – lo ripetiamo – un’arte! Essa ha a che fare con la