Post

I paradossi del cattolicesimo borghese (7). La grande assente: la Parola di Dio.

Immagine
  Occorre porci con estrema lucidità e realismo un’altra domanda: come si può pretendere che la Parola dica qualcosa al gregge se non ha detto nulla al pastore del gregge? Molto spesso nelle liturgie domenicali, quando arriva il momento dell’omelia, si assiste ad uno sproloquio più o meno lungo dal punto di vista cronologico. Molti sacerdoti sono gli autori di questi infelici discorsi che donano al popolo di Dio grandissima frustrazione e confusione. Tali discorsi, più o meno biblici. più o meno moraleggianti, non sono affatto uno stimolo per una rinnovata testimonianza. Occorre prendere coscienza che se è vero che il dettato conciliare della Dei Verbum non ha prodotto il risultato sperato, è altrettanto vero che il vituperato Concilio di Trento imponeva ai vescovi di scegliere tra i sacerdoti uno che si dedicasse “anima e corpo”, esclusivamente, cioè, alla Sacra Scrittura. Non solo, quindi, il Vaticano II è stato disatteso, ma anche il Tridentino. Come può il popolo di Dio rinnovarsi

Natale: il mistero della forza nella debolezza.

Immagine
  Se c’è, forse, un aspetto del Natale, che più di ogni altro scandalizza, mette dubbi, insinua perplessità, da quando è avvenuto la prima volta ad oggi, è questo: Dio si è fatto carne. Detto in altri termini Egli si è manifestato a noi attraverso la fragilità di un corpo umano, la miseria di una vita umana, la piccolezza di una storia. Dopo duemila anni questo risulta essere qualcosa di inspiegabile. Perché per la nostra mentalità, se Dio si doveva manifestare, si doveva manifestare in modo da essere riconosciuto da tutti, in modo glorioso, maestoso. Eppure egli ha deciso di prendere forma nell’umile grembo di Maria e non di una straordinaria regina, ha deciso di prendere dimora nell’umile villaggio di Nazareth e non in un sontuoso palazzo della capitale dell’Impero, ha deciso di avere acconto a sé persone di basso rango e non di alto lignaggio. Dio ha agito così per mostrarci qualcosa che, da duemila anni a questa parte, facciamo fatica a comprendere: c’è una forza nella debolezza ch

I paradossi del cattolicesimo borghese (6). Aspettando qualcosa... non Qualcuno.

Immagine
  Capita che, di fronte a situazioni drammatiche, ci si attenda nuovi interventi, nuovi pronunciamenti, nuove parole, nuove azioni come se non fosse chiaro l’indirizzo o l’orientamento della Chiesa. In un periodo di crisi, come è quello che stiamo vivendo, si moltiplicano visioni, profezie nelle quali sembra imminente la fine. Tutto ciò avviene senza un oculato e attento discernimento né da parte dei sacerdoti né da parte dei laici. Da una parte, pertanto, ci si attende qualcosa di nuovo che faccia chiarezza – ciò che già c’è non sembra a molti chiaro -, dall’altra parte si attende una fine che, a ben guardare non sembra arrivare mai. Ciò che manca alle nostre comunità, alle nostre esistenze, tutte tese a vivere il presente come se fosse eterno, è l’attesa gioiosa e fiduciosa di Colui che guida la storia, del Veniente, del Signore. Presi dalla logica mondana del successo che tarda a mostrarsi nonostante i molti sforzi, i cattolici sono o desiderosi di una novità che, pur presente, non

I paradossi del cattolicesimo borghese (5). Le ragioni di una pastorale non efficace.

Immagine
  ·       Nelle nostre comunità si sprecano, con risultati non sempre positivi, energie e risorse per una pastorale che, sostanzialmente, è rimasta quella pre-conciliare: amministrare il cosiddetto sacramento della “Prima Comunione” e quella della Cresima. Siamo di fronte ad una pastorale che cerca di intercettare bambini e ragazzi, di trasmettere delle nozioni, delle idee come se Dio e l’incontro con Dio fosse una nozione da avere o un’idea da possedere. Dopo la Cresima? Anche dopo qualcosa viene tentato: percorsi di pastorale giovanile, di pastorale vocazionale, di pastorale familiare. Sotto queste classificazioni si nasconde, però, un vizio di fondo: la pastorale è una e non può essere settorializzata. Un’autentica pastorale sa prendersi cura della persona così come è, nella sua condizione di vita, nelle diverse stagioni della vita! Un’autentica pastorale non si specializza, non si settorializza ma a tutti dona l’occasione di incontrare il Signore. Una pastorale di questo tipo non s

I paradossi del cattolicesimo borghese (4). La mancanza di un'autorità nella Chiesa.

Immagine
  Anche nella Chiesa, dove si dovrebbe vivere da figli rivolti ad un Padre, si vive quella tendenza tipica della cultura contemporanea che ha liquidato i padri. E questo non solo perché i figli vogliono fare a meno dei padri, ma anche perché i padri non sanno essere tali. Occorre recuperare il senso dell’avere un’autorità, cioè qualcuno che sappia far crescere, far maturare il popolo di Dio. San Benedetto nella sua Regola scrive a proposito dell’abate che egli deve giovare più che comandare. Oggi molti, troppi comandano nella Chiesa, ma non giovano. L’autoritarismo è un vizio diffusissimo nella Chiesa. D’altronde come potrebbe essere possibile un nuovo modo di esercitare l’autorità se non ci sono esempi, modelli? E’ questo un campo tutto da esplorare! Il "successo” popolare di papa Francesco mette in risalto proprio questo: se c’è un leader , che con gesti autentici e parole forti, esprime vicinanza, prossimità, accoglienza, solidarietà, allora egli può permettersi di chiedere a t

I paradossi del cattolicesimo borghese (3). Il peso della storia e la difficile riforma della Chiesa.

Immagine
  La Chiesa attuale è così perché ha alle spalle una storia che pesa. Questa storia è perlopiù costituita da quel particolare e intricato rapporto che si è instaurato con lo Stato tanto che essere suddito o cittadino voleva dire essere cattolico e viceversa. Oggi, in un sistema di libertà religiosa e di pluralismo religioso, non è possibile l’equivalenza cattolico = cittadino. Mentre qualche secolo fa in uno Stato vi era una sola confessione cristiana o al massimo due, oggi vi possono essere più confessioni cristiane, più religioni, perfino chi non crede. Tutto questo pone dei grandi problemi alla trasmissione della fede. Essa, prima, era garantita da un sistema giuridico che la imponeva fin dalla nascita: non si sceglieva di essere cattolico, lo si era perché nascevi in quel determinato Stato. Nel giro di pochi secoli, quindi, si è passati, all’interno di uno Stato, dall’essere una maggioranza all’essere minoranza. Questo ha ripercussioni anche e soprattutto a livello ecclesiale perch

I paradossi del cattolicesimo borghese (2). Grazia e natura: una lezione non compresa!

Immagine
  Per un momento chiediamoci : «Che cosa è la grazia?». Senza fare il resoconto delle risposte che la chiesa, nel corso dei secoli, ha dato, possiamo definire la grazia, dal punto di vista antropologico, come il naturale desiderio di vedere Dio. Essendo questo, come ha sottolineato il grande teologo de Lubac ormai più di sessanta anni fa, un desiderio proprio di ogni uomo, un desiderio ,cioè, che è inscritto nella natura di ogni uomo, la grazia è data a tutti. Questa semplice affermazione ha una portata teologica straordinaria e per questo quando venne evidenziata dal noto gesuita francese attirò asprissime critiche. Per comprendere le implicazioni di questa definizione facciamo delle domande: «Perché, se la grazia è universale, alcuni sono cristiani e altri no? Perché, nella chiesa, dopo anni di discernimento, alcuni sono consacrati ministri e altri no? A cosa serve il discernimento vocazionale?». Il problema che sta dietro a queste domande sta nel fatto che noi pensiamo e agiamo “sec