Post

Il pianto di Gesù

Immagine
“Gesù scoppiò in pianto” (Gv 11,35) Questo versetto tratto dal Vangelo di Giovanni racchiude in sé una straordinaria ricchezza. Essa è il versetto più corto di tutta la Sacra Scrittura e lega il pianto a Gesù, al Figlio di Dio. Questo versetto è situato nell’episodio della morte e risurrezione di Lazzaro, grande amici di Gesù. Dio, facendosi carne, assume ogni aspetto della nostro umanità che comprende i più diversi toni emozionali e di fronte alla morte di un amico, di una persona cara e amata, come è naturale che sia, piange. E’ paradossale, fuori da ogni logica umana, ma Gesù, vero uomo e vero Dio, piange e, allo stesso tempo, piangendo ci insegna qualcosa di sublime sulla nostra umanità! Anche il pianto per un amico entra nel mondo di Dio, ne fa parte a tutti gli effetti e diventa qualcosa si sacro, di divino. Il pianto in Gesù, Verbo fatto carne, diventa un modo, uno strumento, un linguaggio che ogni uomo ha per esprimere qualcosa di Dio. D’altronde non può essere diversam

L'ombra di Pietro

Immagine
“… perché quando Pietro passava, almeno la sua ombra coprisse qualcuno di loro” (Atti 5, 15) Queste parole che ci raccontano di Pietro, della sua figura nella primitiva comunità cristiana all’indomani della morte,  risurrezione e ascensione del Signore, ci dicono qualcosa anche sull’uomo, su ogni uomo. Sì perché se è vero, come possiamo leggere nei versetti precedenti, che Pietro è ricercato perché guarisce i malati, è altrettanto vero che l’uomo, ogni uomo è ombra;  un’ombra dalla quale, come Pietro, può uscire luce e vita. L’uomo è un’ombra luminosa, un’ombra che genera gioia, speranza, amore, in una parola felicità. Tanto è il bene che Pietro compie, ci dicono gli Atti, che coloro che stanno male desiderano essere coperti dalla sua ombra per essere guariti. Questa è l’opera di Dio: fare di noi, nonostante le nostre insufficienze, i nostri peccati, delle sue meraviglie, dei suoi capolavori. Le nostre tenebre in Dio possono diventare luce. Noi, grazie all’opera che D io fa c

Per una teologia dell’unità: breve ritratto di Hans Küng

Immagine
Fra i teologi più discussi negli ultimi decenni vi è Hans Küng, tuttora vivente. Nato del 1928, egli si forma all’Università Gregoriana e si addottora a Parigi, all’Institut Catholique. La sua dissertazione riguarda uno dei nuclei della controversia confessionale occidentale: la giustificazione. La sua opera è, per quegli anni, davvero originale e trova un forte sostenitore in Balthasar. Küng in La giustificazione  del 1957 mostra come tra la l’interpretazione di Karl Barth a riguardo di questo tema e la dottrina formulata dal Concilio di Trento non ci sarebbe un’opposizione: protestantesimo e cattolicesimo, pur parlando lingue teologiche diverse, nella sostanza non sarebbe incompatibile. Barth stesso, in una lettera autografa, si dichiara interpretato correttamente dal giovane Küng, anche se la sua tesi fa molto discutere. Ottenuta assai precocemente una cattedra presso la Facoltà di teologia di Tubinga, il teologo svizzero pubblica una serie di opere a carattere ecclesiologico. I

Che cosa è la liturgia?

Immagine
Rispondere ad una domanda semplice – in questo caso: che cosa è la liturgia? – appare talvolta difficile e complesso. Tanto più se la risposta ha dato origine ad una serie di opere, tutte lodevoli, che però di fatto, volente o nolente, non ha offerto una soluzione soddisfacente al quesito. E allora? Allora la domanda si ri-propone di nuovo, con più forza: che cosa è la liturgia? A rispondere ci ha pensato questa volta Paolo Tomatis, sacerdote della diocesi di Torino e professore alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale, con il volumetto Vita alla sorgente (Città Nuova, €18), centrando – così a noi pare – l’obiettivo. Sì, perché parlare, dire qualcosa sulla liturgia significa prima di tutto porsi nella liturgia, cioè farne esperienza. Per intenderci: è come se qualcuno parlasse dell’amore senza aver mai effettivamente, realmente, veramente amato. Le sue parole, pur ragionevoli, sarebbero palesemente vuote, prive di quell’esperienza necessaria a supportarle. Ecco perché,

In memoria. Ritratto di Carlo Maria Martini

Immagine
Carlo Maria Martini, arcivescovo emerito di Milano, era nato a Torino il 15 febbraio 1927. In una delle sue ultime opere, Conversazioni notturne a Gerusalemme  diceva: “I miei genitori mi hanno donato la fede in Dio, mia madre mi ha insegnato a pregare”. A soli 17 anni era entrato nella Compagnia di Gesù.  Dotato di una profonda cultura, che in lui non era soltanto erudizione ma una straordinaria capacità di riflettere su tutte le istanze interiori dell’uomo e di suscitare domande e risposte originali, il cardinal Martini è riuscito nel suo ministero a riproporre al mondo d’oggi, per tutti, la tradizio ne ignaziana che ha appreso nei lunghi anni di formazione. Venne ordinato sacerdote il 13 luglio 1952.  Dopo gli studi in filosofia e teologia, nella quale si laureò nel 1958 con una tesi su Il problema storico della Risurrezione negli studi recenti , insegnò per alcuni anni allo studio teologico di Chieri. Perfezionò i suoi studi presso il Pontificio Istituto Biblico. Dello stesso

Don Lorenzo Milani e l'emergenza educativa.

Immagine
Figlio di una famiglia dell’alta borghesia intellettuale fiorentina, Lorenzo Milani nacque a Firenze il 27 maggio 1923. Il padre era laureato in chimica, poeta, filologo, conosceva sei lingue. La madre, Alice Weiss, era una donna colta di origine ebrea. Nel 1930 la famiglia, sostanzialmente agnostica, si trasferì a Milano. Nel 1933, per timore delle leggi razziali, i coniugi Milani, che erano sposati solo civilmente, celebrarono il matrimonio in chiesa e battezzarono i loro tre figli. Nel 1934 Lorenzo si iscrisse al Liceo Berchet per poi passare all’istituto Zaccaria, dei barnabiti. Successivamente ritornò al Berchet. Pur cambiando scuola, egli non è mai stato uno studente modello. Dopo il diploma, Lorenzo decise di dedicarsi alla pittura. Era il tempo della Seconda Guerra Mondiale, tempo di fame, e vicino a piazza Pitti si verificò un episodio che lo segnò profondamente: mentre dipingeva, si mise a mangiare un panino; subito una donna lo criticò: “Non si viene a mangiare il pane

Edith Stein: una grande donna!

Immagine
Edith Stein nacque a Breslavia nel 1891. Ultima di sette fratelli di un’agiata famiglia ebrea, percorse con successo gli studi, occupandosi di psicologia e di ricerca filosofica nell’università della sua città natale e poi in quelle di Gottinga e di Friburgo, come allieva prima e assistente del fino noto filosofo Edmund Husserl. Quando, nel 1917, si laureò, aveva già al suo attivo una serie di studi importanti che le avrebbero aperto le porte della carriere accademica. Ma successero alcuni fatti che diedero alla sua vita una svolta radicale. Atea perché, come scrisse, “non riusciva a credere all’esistenza di Dio”, Edith fu ‘sconvolta’ dal pensiero di Dio sulla scia di alcuni avvenimenti.  Durante la Prima Guerra Mondiale, moriva un professore che lei stimava molto. Fu un grande dolore, soprattutto per la moglie che, anziché crollare sotto il peso di quel dramma, trovò nel rapporto con Dio la forza di iniziare una nuova vita. Edith ne fu profondamente colpita. “Fu il mio primo incon